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I testamenti reciproci possono essere invalidi

A norma dell'art. 589 c.c. due persone non possono in un unico atto fare testamento nominandosi reciprocamente eredi. E', invece, generalmente considerato lecito che lo facciano con testamenti simultanei, ma distinti. Secondo una recente sentenza della Cassazione, non è sempre così.

30 Dicembre 2020

A norma dell'art. 589 c.c., il testamento congiuntivo, cioè quello che in un unico atto raccolga le ultime volontà di più soggetti, è nullo, sia che i testatori dispongano a favore di uno o più terzi, sia che gli stessi si istituiscano reciprocamente eredi.

A tale ipotesi sono equiparate: a) quella di un testamento redatto materialmente da un solo soggetto, che contenga disposizioni imputabili a tutti i sottoscrittori; b) quella di un testamento che riporti le ultime volontà di un solo soggetto e che sia sottoscritto da altri; c) quella in cui, in caso di testamento segreto, più soggetti compilino singolarmente la proropia scheda testamentaria, ma, poi, le sigillino tutte assieme in un'unica busta, sulla quale il Notaio apponga un unico atto di ricevimento.

Si tutela così l'unipersonalità dell'atto, che deve essere sempre riconducibile alla volontà di uno e un solo testatore.

Per converso, sono da sempre riconosciuti validi i testamenti che, pur risolvendosi nella reciproca istituzione di erede, sono redatti con atti distinti e autonomi (proprio in quanto atti comunque unipersonali e in relazione ai quali non ricorre la presunzione di assoluta mancanza di libera estrinsecazione della volontà del testatore).

Una recente  sentenza della Corte di Cassazione (Cassazione civile sez. II, 02/09/2020, n.18197) pone in evidenza che tale ultima affermazione non è incondizionatamente valida.

Nel caso di specie, due coniugi, con testamenti distinti, ma simultanei, aventi medesima forma e  medesimo contenuto, si erano istituiti reciprocamente eredi universali: in buona sostanza, chi fosse sopravvissuto avrebbe ereditato tutti i beni del defunto (salvo alcuni legati minori, di cui erano beneficiari i figli).

Un figlio aveva impugnato il testamento al fine di farlo dichiarare nullo e la Suprema Corte, in esito ai tre gradi di giudizio, ha accolto la domanda.

I Giudici del Supremo Collegio, per giungere  a tale decisione, hanno applicato non certo il ricordato art. 589 c.c., ma l'art. 458 c.c..

Quest'ultimo, infatti, statuisce che "Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti,  è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. È del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi.".

I Giudici, dunque, hanno ravvisato nei testamenti redatti degli atti esecutivi di un precedente accordo concluso fra i testatori e hanno riconfermato il principio già espresso in Cassazione civile sez. II, 27/04/1982, n.2623 ("Si ha patto successorio, vietato, ai sensi dell'art. 458 c.c., quando le disposizioni testamentarie redatte da più persone, pur essendo contenute in schede formalmente distinte, si integrano a vicenda, dando luogo a un accordo con il quale ciascuno dei testatari provvede alla sua successione in un determinato modo, in determinante correlazione con la concordata disposizione dei propri beni da parte degli altri.").

Tale qualificazione è stata attribuita evidenziando la contemporaneità della redazione, l'identità del contenuto e l'identità della forma..

E' stato, infatti, puntualizzato che non è ncessario che l'esistenza del patto successorio risulti  dal testamento o da atto scritto, ma che la prova può essere fornita con ogni mezzo.

Tale principio è stato enunciato facendo ricorso ad  un'applicazione, di fatto analogica, dell'art. 1417 c.c., dettato in materia di simulazione, che dispone che la stessa può essere provata liberamente quando l'azione è diretta  ad acccertare la nullità del contratto dissimulato.

.https://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/documents/18197_09_2020_no-index.pdf

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